Il programma Mediaset Le Iene ha dedicato ampio spazio al tema della cosiddetta “castrazione chimica”, intervistando in merito il Dott. Paolo Giulini, criminologo clinico, Presidente CIPM e responsabile dell’Unità di Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali del carcere di Bollate.
Il trattamento farmacologico non può essere considerato efficace di per sé e ugualmente applicabile in tutti i casi; è necessario, invece, fare chiarezza dal punto di vista scientifico. “La ricerca internazionale (…) non dice che il trattamento farmacologico sia il modo migliore per evitare la recidiva nei reati sessuali. È un problema così complesso che non nasce semplicemente da un aspetto ormonale” afferma Paolo Giulini, e prosegue: “La terapia farmacologica può avere una sua efficacia, sempre in combinazione con un approccio multidisciplinare integrato, solo quando l’autore del reato sessuale presenti anche aspetti compulsivo-ossessivi. Ma si tratta della minoranza dei casi. Nella stragrande maggioranza invece i reati sessuali derivano da problemi relazionali e personali di carattere patologico, per cui la terapia farmacologica non ha alcuna evidenza di contrastare efficacemente la recidiva. C’è solo un 10% di casi tra i 650 su cui stiamo lavorando negli ultimi 15 anni, tra carcere e territorio (con il presidio criminologico del comune di Milano), a cui proporrei anche un percorso farmacologico all’interno del programma trattamentale integrato. Sono persone che hanno aspetti sessuali compulsivi o che hanno gravi problemi di sadismo sessuale. Il lavoro integrato multidisciplinare cerca di aumentare la consapevolezza di queste persone, che non devono essere deresponsabilizzate dalla loro condotta sessuale deviante (…). Il 90% dei reati sessuali sono commessi in famiglia o all’interno di relazioni di prossimità. Lì non si tratta di un ormone che parte. E comunque anche in casi in cui c’è l’ormone che parte, bisogna capire quale sia realmente l’efficacia di questi trattamenti. (…) La violenza sessuale molti miei utenti l’hanno fatta non perché avessero un’erezione. Anzi molti di quelli che hanno condotte sessuali devianti hanno problemi di impotenza”.
“Non avrei nessun problema a sperimentare la terapia farmacologica per le persone per cui potrebbe essere utile, che ripeto sono la minoranza, ma sempre all’interno di un trattamento integrato e queste persone devono essere motivate a intraprenderla e devono sentirsi inserite in un percorso (…)”, mentre l’impressione è che questi temi rientrino nelle agende politiche più con una funzione propagandistica che con l’intento di offrire risposte che vadano nella direzione dell’efficacia della pena e del trattamento.
Per leggere l’intero articolo, clicca qui.