Lo sport vale una vita?
Il Dott. Paolo Giulini e la Dott.ssa Francesca Garbarino hanno partecipato all’incontro “Lo sport vale una vita?” organizzato da IL CAVALLO ROSA per promuovere la consapevolezza nel contrasto alla violenza sessuale e agli abusi sui minori nello sport.
Il Dott. Giulini ha fornito preziosi spunti di riflessione e di intervento, ricordando che “è proprio dalle esperienze trattamentali con autori di reati sessuali che noi abbiamo in carcere e sul territorio, con sportivi anche di alto livello in questi anni, che ci siamo convinti che sia necessario lavorare anche nel mondo sport e non solo nel mondo del tessuto familiare che produce così tante vittime al suo interno”. È necessario lavorare per costruire anche nel mondo dello sport la capacità e la disponibilità culturale a leggere questi fenomeni.
“Il mondo dello sport (…) è una bolla autoriferita, che da una parte tutela e costruisce il senso delle pratiche sportive, creando coinvolgimento, motivazione, lavoro comune, lavoro di squadra, obiettivi sani, però è anche una bolla che chiude la parola alle potenziali vittime“, come la bolla delle relazioni familiari.
“Negli abusi non viene coinvolta solamente la persona direttamente, ma anche i suoi sistemi valoriali di riferimento, la paura di deludere, di far crollare il proprio mondo di riferimento e di non poter contare sulla possibilità di avere un radioso futuro sportivo, legato alle medaglie e alla performance”. Il mondo dello sport è una bolla che ancora non ha quella mente e quegli occhi disposti a riconoscere queste situazioni di abuso. Ed è per questo che ci stiamo lavorando, ad esempio introducendo nella società sportiva dell’Inter una figura di riferimento, una sentinella della fiducia, in grado di intercettare segnali di disagio che si possono generare nelle relazioni intime che si creano con i coach. L’augurio è di poter estendere la presenza di queste figure anche ad altre società.
Altro passo importante sarebbe “non permettere più, nei settori giovanili, gli allenamenti individuali (…) costerà di più, è un sacrificio, ma quello che ci previene in termini di costi successivi è straordinario perchè appuntovale una vita. Nelle squadre sotto una certa fascia d’età (sarebbe consigliabile su tutte le squadre sotto i 18 anni) avere sempre il doppio trainer, figure adulte che possono aiutarsi tra di loro a controllarsi. C’è bisogno di controllo perchè le persone con queste vulnerabilità non vanno solo (…) espulse dagli ambienti (anche), ma potrebbero anche essere un po’ accolte, trattate e convinte che quello non è il loro posto, ma questo non significa che in questo momento noi stiamo facendo una guerra a chi ha queste vulnerabilità”.
La Dott.ssa Garbarino ha invece approfondito il tema delle vittime e del trauma, sottolineando la difficoltà che spesso sperimentano le vittime a riconoscersi come tali e a percepire il trauma subito.
“Il trauma è una ferita che devasta (…) e lascia traccia sia a livello di identità sia di capacità di entrare in relazione (…) e queste tracce sono veramente di lungo periodo”
Nell’ambito dello sport, spesso le violenze avvengono attraverso la costruzione della collaborazione della vittima; coach e allenatori approfittano, come in una vera e propria truffa, della relazione strettissima, quasi fusionale, che instaurano con gli atleti, creando la percezione di un consenso apparente. Ed è anche questo meccanismo che poi rende difficile alla vittima percepire il trauma e l’abuso subiti.
Come ricordato anche dal Dott. Giulini, il primo passo per intervenire a sostegno delle vittime è perciò quello di sensibilizzare le famiglie e le società sportive a captare i segnali di disagio che le vittime portano per aiutarle a riconoscere il trauma, a dar voce alla loro sofferenza a ad attivare un sostegno psicologico efficace.